Con buone probabilità, nel 2020 il fenomeno delle Smart City Italiane diventerà sempre più ricco di manifestazioni concrete e casi pratici. D’altronde, si parla da tempo di un contesto urbano fondato su standard di vivibilità e sostenibilità superiori agli attuali, le tecnologie abilitanti ci sono e, anche da noi, i progetti iniziano ad assumere consistenza. Ciò nonostante, bisogna comunque sottolineare quanto si sia ancora lontani da quella ideale città del futuro in cui le smart technologies gestiranno, in forma totalmente integrata e nell’ottica della massima efficienza possibile, la mobilità, l’erogazione dell’energia, la sicurezza urbana e, più in generale, tutti i servizi offerti ai cittadini e alle imprese.
Il fatto che la maggior parte delle persone viva in città rende il tema delle Smart City italiane estremamente attuale: bisogna ridurre i consumi e gli sprechi, porre in essere modelli sostenibili e ottimizzare tutti i servizi esistenti in chiave di maggiore efficienza. Come in tanti ambiti attigui – si pensi alle Smart Road, Smart Port ecc – il concetto cardine è quello di far fronte ad esigenze che sono costantemente in aumento (più persone, più veicoli, più energia, più consumi…) senza cadere nella “trappola” di voler (solo) aumentare le infrastrutture. Lo scopo dei progetti smart è, infatti, quello di ottimizzare l’esistente e fornire servizi innovativi tramite la tecnologia: i Big Data, l’Intelligenza Artificiale, gli Analytics e, soprattutto, l’Internet of Things, che in questi ambiti è una sorta di piattaforma edificante senza la quale non sarebbe possibile la raccolta dei dati e quindi neppure l’ottimizzazione dell’esistente né l’erogazione di qualcosa di nuovo.
Smart City Italiane: lo stato dell’arte e proiezioni future
I dati dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, relativi al triennio 2016-18, stabiliscono che il 36% dei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti abbia avviato almeno un progetto di Smart City, nonostante i progetti esecutivi restino una quota sensibilmente inferiore rispetto a quelli pilota. Dal canto suo, il sito Agenda Urbana (piattaforma promossa e realizzata da ANCI) segnala, al momento in cui si scrive (01/2020) ben 1.311 progetti smart avviati in tutta Italia: al primo posto, quelli relativi alla mobilità (244), seguiti da quelli relativi alla tutela ambientale (192). Milano è in testa in quanto a numero di progetti attivi (78), seguita a breve distanza dai 76 di Torino e, per quanto concerne il rapporto ICity Rank 2019, il capoluogo lombardo sarebbe la città più smart d’Italia per il sesto anno consecutivo, seguita da Firenze, Bologna, Bergamo e Torino. Tornando, infine, ai dati dell’Osservatorio IoT, si prevede che nel biennio 2020-21 la maggior parte dei progetti avrà come oggetto il miglioramento delle condizioni di sicurezza, e sarà seguita a brevissima distanza da quelli relativi all’illuminazione. Poi, arriveranno la gestione dei parcheggi, del traffico e del trasporto pubblico.
Esempi di Smart City italiane
A chi si domanda quali siano le manifestazioni tangibili delle Smart City italiane si possono portare, senza alcuna pretesa di completezza, alcuni esempi interessanti: a Mestre, per esempio, è attivo da un anno il sistema di Smart Parking che, grazie all’inserimento di sensori all’interno degli stalli con sosta a pagamento, permette a cittadini e visitatori di trovare parcheggio e pagarlo tramite app; Verona, dal canto suo, è stata la prima città a dotarsi di semafori smart che diventano verdi al passaggio delle ambulanze in codice rosso; Firenze si è invece orientata verso un approccio integrato con la realizzazione di una Smart City Control Room centralizzata che riceve, visualizza ed elabora tutti i dati che riguardano la città e la mobilità cittadina, tra cui sistemi pubblici di videosorveglianza, manutenzione della viabilità, illuminazione, raccolta rifiuti e traffico, di modo tale da ottimizzare le attività esistenti e reagire ad imprevisti con grande tempestività.
Smart City Italiane: i driver e come costruire un modello virtuoso
Per quale motivo un Comune, magari in partnership con soggetti privati, dovrebbe avviare un progetto di Smart City? Come anticipato, il primo driver deve essere senza dubbio il miglioramento dei servizi esistenti in previsione di un loro impiego sempre maggiore. Introdurre nuovi servizi è anche uno stimolo importante, cui si somma – cosa tutt’altro che trascurabile – la riduzione dei costi legati a tutte le attività già in essere. Tra i driver di adozione, la possibilità di generare più introiti è determinante, sia pur ancora in posizione subalterna rispetto alla riduzione dei costi. A seconda delle attività specifiche, poi, i progetti di Smart City italiani possono ridurre i consumi, i costi di manutenzione delle opere e migliorare la vivibilità, nonché l’impatto ambientale e la qualità della vita.
Chi guadagna dalle Smart City italiane
Il bello dei progetti in essere, e di tutti quelli che verranno, è proprio il modello virtuoso che si viene a generare: il Comune, che svolge l’attività di promotore e spesso dell’abilitatore, intraprende la sfida della trasformazione digitale per prepararsi al futuro, per offrire servizi migliori e abbassare le voci di spesa, mentre il cittadino può contare su un ambiente più sicuro, agile, veloce e connesso, con tutti i vantaggi che ciò comporta. È la classica situazione win-win, e il grande interesse nei confronti delle Smart City, italiane e straniere, lo dimostra in modo inequivocabile.
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